Riconversione ai tempi del Covid-19: da Sora la mascherina ‘lavasciuga’
Non chiamatela mascherina. E non perché non lo sia, anzi. Ma perché, se dovesse superare i test necessari per la certificazione e la produzione su larga scala, potrebbe essere addirittura ‘LA’ mascherina per eccellenza.
L’idea arriva dalla T.L. Italia di Sora, un’azienda che ha sede nella zona dell’incubatore tessile di via Felci, dove Giuliano D’Ambrosio va a ingrossare le fila degli imprenditori ‘riconvertibili’ che in questa drammatica emergenza del Covid-19 non cercano soltanto di sopravvivere. Ma di produrre.
La sua, infatti, è un’azienda che realizza tute per militari e indumenti ignifughi per i piloti. Ma ora, con la quotidiana necessità di milioni di mascherine per contrastare il diffondersi del coronavirus, ha pensato di usare macchinari e tessuti a sua disposizione per contribuire a produrre ciò di cui l’Italia – e gli italiani – hanno più impellente bisogno.
Lo ha raccontato ieri sera, in un servizio andato in onda all’interno del Tg5, intervistato da Carlotta Adreani, che ha visitato la fabbrica e assistito alle fasi di lavorazione.
La composizione
“Produciamo una mascherina doppio strato: – ha spiegato l’imprenditore sorano – quello esterno è in tessuto idrorepellente, che può essere di varia composizione, come un misto poliestere ad esempio, mentre internamente preferiamo il cotone, che evita allergie a contatto con la pelle”.
Una mascherina che può essere lavata, stirata e riutilizzata anche fino a trenta volte, “ideale – dice ancora D’Ambrosio – per un uso in famiglia”.
Al momento la T.L. Italia ne sta producendo mille al giorno ma, a pieno regime e in collaborazione con altre aziende che hanno imboccato la strada della riconversione, i numeri potrebbero essere di molto più elevati: fino a 30-40mila pezzi al giorno.