Il ‘sistema Salvati’ sui posti di lavoro: impiegati assunti per ‘chiacchierare’

Sull’arresto dell’ex presidente dell’Unione dei Comuni, ed ex sindaco di San Giovanni Incarico, Antonio Salvati, emergono altri particolari ‘interessanti’.

Sono quelli contenuti nelle otto pagine dell’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Roma ha deciso per l’applicazione della custodia cautelare in carcere, eseguita dai carabinieri della Compagnia di Pontecorvo, agli ordini del Comando provinciale di Frosinone, nella giornata di venerdì scorso, 14 giugno.

 

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Un momento della conferenza stampa sull’arresto di Salvati al Comando carabinieri di Frosinone

 

Tra le motivazioni che hanno indotto i tre giudici, riuniti in Camera di Consiglio, a rigettare il ricorso di Salvati, ci sono elementi riguardanti le assunzioni di lavoratori nella cooperativa ‘Integra 2013’.

I passaggi sulle assunzioni

Secondo quanto si legge nell’ordinanza del Tribunale del Riesame”le persone assunte dalla cooperativa, sentite come persone informate sui fatti, hanno tutte confermato la tesi dell’accusa, nel senso che molti hanno asserito di aver ottenuto l’impiego grazie all’interessamento di Salvati in prossimità di elezioni; altri hanno dichiarato di essere stati assunti presso la cooperativa, ma di non aver mai svolto prestazioni lavorative per la stessa ‘limitandosi a chiacchierare’ all’interno della sede della società; altri ancora hanno espresso la convinzione di essere stati assunti dall’Unione dei Comuni affermando di conoscere solo Salvati”.

In un anno le unità sarebbero schizzate a oltre 150

Ma c’è dell’altro. “I dialoghi intercorsi tra i soggetti assunti su indicazioni di Salvati – si legge ancora in un passaggio dell’ordinanza – intercettati presso la sala d’attesa dei carabinieri di Pontecorvo, confermano pienamente che le assunzioni presso la cooperativa non rispondevano ad effettive esigenze della società. Si è accertato, inoltre, che i dipendenti della cooperativa risultano essere aumentati da 16 nell’anno 2013 a 154 nel 2014“.

Le minacce di morte all’imprenditore

Altro capitolo quello inerente le minacce di morte che il legale rappresentante della coop avrebbe subito da Salvati e che, secondo il Tribunale del Riesame, troverebbero conferma nelle dichiarazioni dei parenti dello stesso imprenditore.

“L’indagato – scrivono i giudici – lo avrebbe minacciato pesantemente non solo prospettandogli che non avrebbe provveduto a liquidare le fatture presentate dalla parte offesa, quale legale rappresentante della suddetta cooperativa sociale per il lavoro già svolto nell’ambito di un progetto di accoglienza di stranieri richiedenti asilo, ma anche dicendogli, in un’occasione, che gli avrebbe tagliato il collo e la gola e minacciando la moglie e i figli”.

Sempre secondo quanto riportato nell’ordinanza, infine, attraverso queste minacce Salvati avrebbe costretto il legale rappresentante della coop “a corrispondergli, nel periodo compreso tra il 2013 e settembre 2017, la somma in contanti di 250.000 euro e altresì ad assumere presso la cooperativa numerosi soggetti indicati dal Salvati”, ma pagati dall’imprenditore.

Sarà, comunque, compito dei difensori di Salvati tentare di smontare il castello accusatorio.

Redazione

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