Gioco d’azzardo, una malattia patologica. La Asl in campo per prevenire e curare

Il gioco d’azzardo patologico è una malattia che si può curare: tanto prima viene diagnosticata, tanto più alte sono le possibilità di uscire da questa dipendenza senza ulteriori danni finanziari e psichici.  E’ quanto emerso nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella città della salute di via Armando Fabi.

Scopo dell’incontro: fare il punto sulla situazione in provincia di Frosinone, ma anche illustrare obiettivi e risultati raggiunti dal Dipartimento Salute Mentale e Patologia da Dipendenza dell’Azienda di via Fabi. Annunciato il potenziamento del servizio e una serie di attività di prevenzione su tutto il territorio, con nuovi specialisti in campo. 

Il progetto

“Il dipartimento di salute mentale e patologia da dipendenza – ha affermato Marco Ferrara, capo ufficio stampa della Asl, per introdurre i lavori –  rappresenta un’eccellenza del nostro territorio. Si tratta di un centro all’avanguardia, sia dal punto di vista della previsione, sia da quello della programmazione. Lo stesso, infatti, riesce con grande professionalità ad intercettare le varie situazioni che si presentano nella vita delle persone, per poi attuare progetti specifici finalizzati alla risoluzione delle problematiche. Il progetto messo in campo – ha fatto notare – ha come obiettivo, oltre alla cura di chi viene colpito da tale malattia, anche quello di veicolare alle amministrazioni locali, agli enti del territorio e alla popolazione, le maggiori informazioni possibili”.

L’analisi del professore Ferrauti

“La provincia di Frosinone – ha evidenziato Fernando Ferrauti, responsabile del dipartimento – non è mai stata un’isola felice per le dipendenze.  Non lo era 30 anni fa, con il fenomeno del consumo di droga che qualcuno tentava di ridimensionare, non lo è adesso. E il gioco d’azzardo è una dipendenza a tutti gli effetti. Lo stesso non va quindi considerato come un vizio, bensì come una malattia vera e propria che manifesta determinati sintomi. Oggi – ha proseguito – ci sono terapie apposite, riconosciute e studiate. E poi ci sono le decisioni del Ministero e della Regione che, dal momento in cui hanno inserito tale patologia all’interno dei Lea, hanno pure stabilito che coloro che vengono colpiti da tale gravissima patologia vanno considerati come pazienti  da curare obbligatoriamente e in maniera gratuita”.

“ Il nostro dipartimento – ha aggiunto – fa di tutto per prevenire, curare e riabilitare le persone che sono affette da tale problematica.  In Ciociaria – ha sottolineato  il responsabile del dipartimento – si spendono più o meno duecento milioni di euro l’anno in gioco. Se si elimina la parte che è al limite del ricreativo, ovvero circa 30 milioni di euro, il resto nasconde una modalità patologica.

“Un altro aspetto caratteristico di tale malattia – ha sottolineato – è che, come tante dipendenze, è molto democratica e taglia in maniera trasversale in tutte le categorie sociali. Non esiste una differenza tra l’universo maschile e quello femminile, tra i giovani e anziani,  e appunto tra più agiati e meno agiati.  Tanto prima viene diagnosticata – ha concluso -tanto più alte sono le possibilità di uscire da questa dipendenza senza ulteriori danni finanziari e psichici”.

Le parole della dottoressa Zainni

“Il nostro obiettivo – ha fatto notare la dottoressa Marina Zainni, psicologa del Serd di Frosinone – è quello di dare informazioni rispetto a tale problematica.  Il disturbo da gioco d’azzardo – ha aggiunto – è subdolo e difficilmente viene rilevato, se non quando già c’è un livello di gravità per cui tutta la famiglia viene coinvolta. Oltretutto – ha sottolineato – le persone che giocano, e lo fanno ripetutamente, difficilmente accedono al Serd, in  quanto,  nell’immaginario collettivo,  lo stesso viene visto come il vecchio servizio dedicato alle tossicodipendenze da eroina”.

“E’, quindi, importante veicolare a tutti i cittadini  della provincia di Frosinone l’informazione che il nostro dipartimento ha cambiato la sua veste. Coloro che vengono colpiti da questa problematica possono, quindi, seguire attraverso la Asl un percorso dedicato, che può coinvolgere, se lo vogliono, anche i familiari. Il piano strutturato per affrontare questa problematica – ha infine concluso la dottoressa Zainni – ha come intento anche quello di mettere in rete tutte le realtà locali del territorio che, a vario titolo, lavorano già su tale patologia”.

Redazione

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