Respinta dal tribunale di Roma la class action contro Acea Ato 5

La X sezione civile del Tribunale di Roma, specializzata in diritto del mercato, ha respinto la class action azionata contro Acea Ato 5 da 282 utenti, tutti assistiti dagli avvocati Ezio Tatangelo e Luigi Mastroianni di Sora, che lamentavano una serie di inadempimenti in materia di trasparenza, la vessatorietà di alcune clausole contrattuali e l’illegittimità del sistema tariffario applicato, chiedendo il risarcimento dei danni cagionati. 

La questione

Dopo la discussione della causa svoltasi lo scorso 9 ottobre, il Collegio giudicante, presieduto dalla dottoressa Maria Luisa Rossi, si era riservato di decidere sull’ammissibilità dell’azione di classe e l’altro ieri ha depositato la propria decisione, bocciando l’azione intrapresa degli utenti e condannandoli, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite oltre agli oneri di legge per circa 10.000 euro.

Nell’ordinanza emessa, il Tribunale ha preliminarmente ricordato i limiti e la specificità della class action, chiarendo che con tale azione può essere avanzata solo la domanda di restituzione o risarcimento. Pertanto l’accertamento della responsabilità dell’impresa, per l’illegittimità di specifiche condotte o per il carattere vessatorio di determinate clausole contrattuali, può essere richiesto, in tale sede, solo in via incidentale, ossia in funzione delle domande di condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni. 

Il tribunale di Roma

La decisione

Sulla base di tali premesse, i giudici hanno ritenuto inammissibili tutte le domande formulate dagli utenti e valutate atipiche rispetto all’azione intrapresa; inoltre, in merito alla lamentata vessatorietà di alcune clausole contrattuali, i giudici hanno osservato come manchi la quantificazione dell’eventuale danno subito, tenuto anche conto del fatto che tale clausole riguardano casi eventuali di cui non si ha certezza del riscontro reale. 

Parimenti il Tribunale ha ritenuto la richiesta risarcitoria avanzata sulla scorta delle lamentate violazioni non riferibile a danni patrimoniali specifici e concreti, così da apparire invece come una domanda di risarcimento a fini meramente punitivi, non ammissibile in tale procedimento. 

Non supera il vaglio dei magistrati neanche la lamentela relativa alla prospettata mancata consegna agli utenti di una copia della Carta dei Servizi, e del Regolamento di Utenza, il cui obbligo – sottolineano i giudici – sarebbe valso solo per gli utenti che hanno concluso con Acea ato 5 un nuovo contratto e non anche per tutti coloro, precedentemente contrattualizzati da Comuni o Consorzi e poi passati ‘ex lege’ nella gestione unica. 

In merito alle doglianze relative a una prospettata assenza di informazione sulle variazioni tariffarie che, per i ricorrenti, avrebbe loro precluso la negoziazione delle condizioni contrattuali, i giudici annotano come tale punto sia palesemente insussistente, dato che Acea Ato 5 opera come gestore di servizio pubblico in regime di monopolio, per cui l’utente non ha alcuna possibilità di negoziare le condizioni contrattuali e le tariffe alle quali viene reso il servizio. 

Respinte anche le argomentazioni con cui si chiedeva la restituzione, a partire dal 2013, delle somme riscosse nella prospettata applicazione in bolletta del cosiddetto “minimo impegnato”. Per i giudici, infatti, non è stato provato che i ricorrenti, o quantomeno alcuni di essi chiaramente individuati, non abbiano interamente consumato il quantitativo di acqua corrispondente al minimo impegnato. Perché solamente in tal caso si sarebbe potuto dire che il contestato criterio tariffario avesse comportato addebiti per consumi presunti superiori a quelli effettivi.  

Il tribunale ha quindi dichiarato inammissibili tutte le domande e ha condannato gli utenti ricorrenti a rifondere ad Acea Ato 5, assistita dall’avvocato Pasquale Cristiano, le spese processuali fissate in euro 6.800,00 oltre Iva, Cassa e spese generali. 

Redazione

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