Cassino, negozi di cannabis light. Abbruzzese e Bevilacqua interrogano il sindaco

Il Comune si conformi alla sentenza della Corte di Cassazione sulla cannabis light e sui negozi che la vendono”.  A chiederlo, con un’interrogazione, sono Mario Abbruzzese e Michelina Bevilacqua, che invitano il sindaco di Cassino a spiegare quali iniziative intende.

L’analisi

“Alcune variazioni normative – fanno notare – hanno consentito, attraverso espedienti e cavilli normativi, l’apertura anche nella nostra Città di negozi (individuali o in cosiddetto franchising) dedicati alla libera vendita di prodotti derivati dalla Canapa (cannabis) a fini ‘ricreativi’. Tutto è avvenuto in ordine a interpretazioni assai liberali rispetto a quanto previsto dalla legge n° 242/2016, che in realtà nulla prevede sulla possibilità di procedere alla commercializzazione della canapa oggetto di coltivazione”.

 

Michelina Bevilacqua
Michelina Bevilacqua

Cosa prevede la legge

La legge in effetti si limita a indicare in maniera tassativa i fini  per cui la coltivazione della canapa è permessa: produzione di alimenti e cosmetici; semilavorati per forniture alle industrie e alle attività artigianali; produzione di materiale destinato alla pratica del sovescio; produzione di materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative, nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; coltivazioni destinate al florovivaismo.

La sentenza della Cassazione

“Tra questi scopi – proseguono i due esponenti politici – non è evidentemente compreso quella ricreativo. Non sembrava pertanto consentita dalla legge fin dall’inizio la produzione di canapa finalizzata al consumo ricreativo con assunzione di preparati di cannabis utilizzabili per fumo o attività similari. La recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione del 30 Maggio 2019 ha stabilito oltre ogni ragionevole dubbio che ‘la legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis, come l’olio, le foglie, le infiorescenze e la resina”.

“La Suprema Corte aggiunge, nella massima provvisoria appena emessa, che Integrano il reato previsto dal Testo unico sulle droghe (articolo 73, commi 1 e 4, dpr 309/1990) le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

“Secondo la Cassazione, dunque, la vendita di cannabis, e in particolare di foglie, infiorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016, sulla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”.

La pericolosità

“Nella città di Cassino – fanno notare Abbruzzese e Bevilacqua –  sono stati aperti esercizi commerciali dedicati appositamente, prevalentemente o addirittura esclusivamente alla vendita libera di materiali derivati dalla canapa che chiaramente non rientrano nella filiera agroindustriale della canapa, né nell’ambito di applicazione della legge 242/2016. Anche il Consiglio Superiore di Sanità, in un parere espresso il 10 aprile 2018, ha dichiarato fra l’altro: la vendita e il successivo consumo di tali preparati avvengono con modalità che non permettono di escludere un’assunzione in quantità significative da un punto di vista psicotropo e stupefacente, dei principi attivi e in particolare di THC; la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata la presenza di cannabis o cannabis light o cannabis leggera non può essere esclusa. Il Consiglio Superiore di Sanità raccomanda quindi che, nell’interesse della salute individuale e pubblica, e in applicazione del principio di precauzione, siano attivate misure atte a non consentire la libera vendita di tali prodotti”.

L’invito a Salera

​”Si chiede, quindi, di sapere: se è previsto un censimento degli esercizi, e in caso positivo con quali modalità;  quali iniziative intenda assumere per rimuovere l’evidente contrasto fra l’esistenza di tali esercizi e le decisioni della Suprema Corte di Cassazione – Sezioni Riunite; nel concreto quali iniziative di prevenzione alla tossicodipendenza e alle dipendenze in genere siano in corso e/o in programma da parte dell’Amministrazione Comunale (da sola o in collaborazione con altri soggetti); se è a conoscenza di programmi di questo genere di altri soggetti competenti operanti sul territorio comunale (Enti deputati –p.es., ASL- a parte); a quale titolo eventualmente questi soggetti agiscono e secondo quali modalità. ​Attendiamo risposta scritta – concludono –  e comunque pubblica durante il primo Consiglio comunale utile”.

Redazione

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