Omicidio Mollicone, la procura chiede il processo per cinque indagati

La procura della Repubblica di Cassino ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il maresciallo Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Marco ed il maresciallo Vincenzo Quatrale, per il reato di concorso nell’omicidio di Serena Mollicone; per il solo Quatrale, per il reato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi; per l’appuntato Suprano, per il reato di favoreggiamento.

La ricostruzione

“Dall’anno 2006, data dell’assoluzione definitiva di Carmine Belli – evidenzia il procuratore Capo Luciano d’Emmanuele  –  sono riprese le indagini sull’omicidio di Serena Mollicone.  Sucessivamente, nell’anno 2011 il procedimento è stato iscritto a carico dei Mottola ed altri soggetti. Le posizioni di questi ultimi sono state poi archiviate dal GIP, mentre per i Mottola le indagini sono proseguite.  In seguito sono stati svolti accertamenti prevalentemente tecnici, sia di tipo genetico/biologico, dattiloscopico ed in materia botanica, comprensivi di comparazione tra i profili genetici di centinaia di persone. Ma, per mancanza di prove certe, la procura, il 18 febbario del 2015,  ha richiesto l’archiviazione del procedimento”.

Ma in seguito all’atto di opposizione dei familiari della vittima, il Gup del Tribunale di Cassino, Angelo Valerio Lanna, ha disposto, il 13 gennaio del 2016, il proseguimento delle indagini, indicando quale tema di approfondimento l’ipotesi investigativa dell’evento omicidiario all’interno della stazione dei carabinieri di Arce.

Uccisa in caserma

“Grazie alla rivisitazione approfondita e sistematica di tutti gli atti procedimentali, svolta con la collaborazione del Comando Provinciale dei carabinieri di Frosinone, alla riesumazione del cadavere e all’applicazione di tecniche all’avanguardia, sia ad opera della professoressa Cristina Cattaneo, del LABANOF dell’Istituto di Medicina legale di Milano che del RIS dei Carabinieri di Roma, la procura di Cassino ha ritenuto di aver provato che Serena Mollicone è stata uccisa nella caserma dei carabinieri di Arce, con una spinta contro una porta, data la riscontrata perfetta compatibilità tra le lesioni riportate dalla vittima e la rottura di una porta collocata in caserma. Parimenti è stata accertata la perfetta compatibilità tra i microframmenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima ed il legno della suddetta porta, così come con il coperchio di una caldaia della caserma”.

In tal modo, per la prima volta, hanno trovato riscontri oggettivi le dichiarazioni rese il 23 marzo 2008 dal brigadiere Santino Tuzi, nel 2001 in servizio ad Arce, il quale affermò di aver visto, la mattina del 1° giugno 2001, Serena Mollicone entrare in caserma e di non averla più vista uscire.

Il caso Tuzi

In seguito alla richiesta di nuove verifiche da parte dei familiari del brigadiere Tuzi, è stata disposta nel maggio 2016 la riapertura delle indagini relative alla sua morte, con nuovi accertamenti che hanno evidenziato che il suo suicidio è in stretta relazione con le sue rivelazioni sull’omicidio Mollicone rese pochissimi giorni prima; è stata trascritta per la prima volta una conversazione ambientale nella quale il maresciallo Quatrale, presente con lui in caserma la mattina del 1° giugno 2001, lo invitava esplicitamente a ritrattare le precedenti dichiarazioni”.

Rogatorie all’estero e in Vaticano

“Durante i nuovi accertamenti si è proceduto all’ascolto di 118 testi, molti dei quali ponderatamente scelti tra i 1.137 più volte già sentiti nel corso dei 18 anni di indagine; sono state effettuate rogatorie in Francia, Polonia e Stato del Vaticano. Pertanto si ritiene che le prove scientifiche, insieme con le prove dichiarative, consentano di sostenere con fiducia l’accusa in giudizio”.

Redazione

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