Cena dei veleni, la Procura ascolta Ruberti
Mentre la politica si scalda con le elezioni provinciali e regionali, la Procura della Repubblica continua ad indagare sulla cena dei veleni. Ma lo fa sempre con un profilo bassissimo, tanto da sembrare immobile. L’inchiesta, comunque, è ormai arrivata alle battute finali.
Ieri è stato ascoltato l’ex capo di Gabinetto del sindaco di Roma. Albino Ruberti è rimasto all’interno del Palazzo di Giustizia di via Calvosa qualche ora. È andato via in maniera spedita 20 minuti prima di mezzogiorno. Nulla, però, è trapelato dalle strettissime maglie del riserbo istruttorio imposto dal titolare dell’indagine, il dottor Adolfo Coletta. Il contenuto del colloquio è stato, infatti, secretato.
eno di dieci le persone che fin’ora il sostituto procuratore ha voluto far sentire dalla polizia giudiziaria per rendersi conto meglio del clima in cui si è svolta la famosa cena del 1° giugno al ristorante La Taverna nel centro storico del capoluogo.
L’elemento centrale, che gli inquirenti intendono chiarire, è se la vicenda del filmato che immortala lo stesso Ruberti, in cui minaccia di uccidere il broker assicurativo Vladimiro De Angelis (fratello di Francesco, esponente di spicco del Pd e presidente del Consorzio industriale del Lazio) e Adriano Lampazzi, sindaco di Giuliano di Roma, nasconda degli affari poco leciti. Oppure se davvero il litigio sia frutto di un rigore negato.
L’attenzione, fin dall’inizio della vicenda, si è comunque concentrata sulla caccia alle polizze con la Asl. Ma su tale questione, al termine di una ricognizione avviata dalla Regione Lazio, sembrerebbe che i contratti siano stati stipulati in maniera del tutto regolare. Anche se nulla ancora può essere escluso. L’autorità giudiziaria, comunque, dopo aver acquisito una serie di documenti e le dichiarazioni di chi si trovava all’interno del ristorante, ora dovrà valutare se archiviare il caso, oppure se procedere con l’azione penale.
IL RETROSCENA
Resta anche da stabilire se nei due mesi passati tra la realizzazione del video e la sua diffusione qualcuno abbia tentato con qualche tipo di ricatto di monetizzare, anche politicamente, il valore del filmato stesso. Per tale motivo gli investigatori hanno ricostruito il passaggio fatto, da un telefono all’altro, dai tanti che lo avevano visto in anteprima.
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