Ogni giorno guardo quegli occhi e vedo lacrime, sofferenza, delusione, incertezza, disorientamento. E vedo rabbia, troppa
La stessa che può portare ad aggredire ciò che non si riconosce più come “altro da noi” ma come nemico da distruggere.
Se il rapporto educativo si risolve, o si “dissolve”, in un “devi”, nelle percosse, in un “sei un deficiente”, cosa vogliamo aspettarci poi da chi respira sulla propria pelle tali forme di violenza?
E incontro genitori che si lamentano, stanchi, delusi da figli che non hanno regole, confini, che non mostrano rispetto, che “scivolano via”, nell’onnipresente e rassicurante virtuale.
Se il risultato è questo, forse il progetto educativo di noi genitori andrebbe rivisto.
Dai figli non arriverà mai disciplina, rispetto e responsabilità se non si è seminato nel terreno del legame educativo il buon esempio, la coerenza, il rispetto delle regole, il rispetto per la persona, prima di ogni altra cosa.
Ci interroghiamo? Ci chiediamo se rispettiamo? Se siamo coerenti? Quanto stiamo investendo, in termini di risorse e tempo, sul rispetto dei confini, dei limiti che vogliamo vengano rispettati? Lamentarsi e criticare il figlio “sregolato” non ci aiuta a risolvere il problema, semmai a rafforzarlo.
Tutti a parlare di rispetto, di dialogo, di confronto, di condivisione, e poi siamo i primi a tradire questi concetti, perché, per molti genitori, con i figli ci vuole il bastone, altrimenti non si piegano.
C’è qualcosa che non va. Qui c’è ancora tanta gente che è convinta di educare, invece sta diseducando al rispetto.
Ed io rabbrividisco di fronte allo sgomento che si prova di fronte a ragazzi che picchiano un insegnante, di genitori che mostrano chi è il più forte, di certo non il più emotivamente intelligente.
Ma di cosa ci sorprendiamo? Storie di tutti i giorni.
Eppure si parla tanto, si cerca di trasmettere messaggi chiari, c’è chi scende in campo, in guerra, combattendola ogni giorno con altri strumenti, quelli che non fanno male, quelli che non lasciano lividi ma spazio alle parole, quelle buone, quelle accoglienti, non giudicanti.
Le istituzioni, quelle che prima di decreti e leggi dovrebbero vivere la realtà vera, dove sono?
Quando si inizierà a pensare di rivedere seriamente la realtà scolastica, i programmi, di puntare su nuove competenze, di occuparsi di famiglia, di comunicazione, di formazione?
La richiesta educativa – formativa è impegnativa ed esigente, è diversa, ma sembra che nessuno la stia considerando. Che altro deve succedere ancora? Dimenticavo… Siamo il paese del dopo, forse nemmeno più di quello.