Il 12 marzo 2022 è la Giornata Mondiale contro la Cyber Censura.
Una ricorrenza istituita nel 2010 e che quest’anno si inserisce nella cornice complessa e drammatica della guerra in Ucraina.
Le sconcertanti notizie delle ultime settimane, infatti, riportano il tema della cyber censura al centro dell’opinione pubblica, sempre più attenta a quella che è a tutti gli effetti anche una guerra cibernetica.
Cos’è la cyber censura?
Per Cyber Censura si intende il controllo o il blocco della pubblicazione e diffusione di informazione attraverso la rete internet. A mettere in atto questo tipo di censura possono essere governi, enti o società private.
Ma come avviene nella pratica la censura su Internet? Si tratta di azioni perlopiù volte al blocco di spefiche URL , al filtraggio delle notizie o alla sospensione momentanea o permanente di applicazioni web che consentono il passaggio di informazioni tra gli utenti.
Come qualsiasi altro tipo di censura, anche quella che si applica ai contenuti online può avere una portata più o meno ampia e una validità permanente o temporanea. Spesso la cyber censura si attua in periodi e contesti particolari, come possono essere le elezioni o momenti di tensione sociale, come quello che stiamo vivendo.
Le ragioni che spingono un governo o un’istituzione a imporre una censura delle informazioni in rete possono dipendere da fattori politici, da questioni ruguardanti il rispetto di norme morali ed etiche, oppure possono essere legate alla sicurezza.
L’altro lato della Cyber Censura
Non solo strumento di propaganda o di oscurantismo: la cyber censura può essere applicata anche al fine di tutelare gli utenti. È questo il caso dei blocchi imposti a siti web che incitano al razzismo, alla violenza, all’omofobia e così via; a piattaforme che promuovono l’uso di sostanze illegali o inneggiano alla criminalità o ancora che veicolano contenuti erotici (senza tutelare i minori) e pedopornografici.
Origini e significato della giornata mondiale contro la cyber censura
La Giornata Mondiale contro la cyber censura è stata istituita il il 12 marzo 2010. Le origini di questa ricorrenza risalgono però al 1985, quando il giornalista Robert Ménard fondò a Parigi l’Organizzazione Reporter senza frontiere, il cui scopo è quello di tutelare il diritto all’informazione e all’espressione delle proprie opinioni.
Secondo le stime dell’Organizzazione negli ultimi decenni sono stati assassinati ben 990 tra giornalisti e membri degli staff dei mezzi di comunicazione (Fonte: http://urly.it/3jsfa).
Lo scopo principale dell’istituzione della giornata mondiale contro la cyber censura è dunque quello di tutelare la libertà di espressione e di promuovere lo sviluppo di una rete che sia accessibile da tutti gratuitamente.
Cyber Censura e guerra cibernetica
Come ci insegna la storia, la censura è sempre stata una delle armi più potenti in tempi di guerra.
Sappiamo bene come i mass media abbiano assunto un ruolo di massima importanza nella narrazione dei due conflitti mondiali, così come di ogni guerra che si è consumata e che si consuma in ogni parte del mondo.
Scegliere cosa far sapere alla popolazione e cosa invece tenere nascosto, rimodellare la verità a proprio piacimento, filtrare la realtà dei fatti, cercare di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su un argomento piuttosto che su un altro. Questi sono stati soltanto alcuni dei modi in cui i mezzi di comunicazione di massa sono stati utilizzati dai capi di stato come mezzi di propaganda in periodi di guerra o di forte tensione sociale.
Grazie alla massiccia diffusione dei mass media, al conflitto armato si è affiancata una guerra, meno sanguinosa ma altrettanto potente: la cosiddetta cyber guerra o guerra cibernetica. Un conflitto che non conosce armi, ma che utilizza la rete per screditare e indebolire il “nemico”. In campo contro le emittenti russe è sceso ad esempio Anonymous, che sta tentando di ostacolare i tentativi di oscurantismo mediatico messi in atto da Putin.
Dalla censura all’iperinformazione
Ma cosa succede quando non solo le armi, ma anche i media si moltiplicano e si fanno più sofisticati?
Abituati a pensare alla guerra come a qualcosa di distante da noi nel tempo e nello spazio, forse mai ci saremmo aspettati di poter vedere così da vicino le forme che può assumere un conflitto in un mondo interconnesso. Se magari in un primo momento abbiamo pensato che più canali di comunicazione potevano significare una maggiore libertà di espressione, ci siamo dovuti presto (almeno in parte) ricredere.
Pur essendo una infatti, la guerra in Ucraina non viene narrata allo stesso modo dai media dei diversi stati coinvolti nel conflitto. Alla popolazione russa ad esempio, non solo è stato bandito l’uso dei social network, ma con il procedere del conflitto l’intera nazione è stata disconnessa dalla rete Internet. Inoltre, alla stampa e ai giornalisti presenti sul luogo sono state imposte rigidissime censure, prima fra tutte quella di non poter pronunciare la parola “guerra“. Pena fino a 15 anni di carcere.
Per contro però, anche la massiccia circolazione di notizie, immagini e reportage di guerra in occidente, sta avendo effetti non del tutto positivi: manipolazioni, strumentalizzazioni e il continuo alternarsi di smentite e rivendicazioni di autenticità stanno alimentando confusione e spavento, senza che si riesca ad avere una visione chiara dei fatti.
Ormai forse oltrepassata, ma di una gravità inaudita, la vicenda che ha coinvolto l’Università Bicocca di Milano. Il blasonato Ateneo, come è noto, aveva infatti cancellato il corso su Dostoevskij del professor Paolo Nori (successivamente reintegrato) per “evitare ogni forma di polemica dato il momento di forte tensione attuale.”
Pur trattandosi in questo caso di una forma di censura “tradizionale”, si tratta di un episodio a mio parere molto grave, che dice molto sul periodo storico che stiamo vivendo.
Per quanto ne esistano forme diverse e più o meno estreme, la censura che ha come scopo la limitazione della libertà di pensiero e di parola e che si pone come ostacolo alla verità, non dovrebbe interessare alcuno Stato o Istituzione che si dica democratico/a.