lunedì 29 Aprile 2024
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Una vita da condividere (sui social). Il ruolo della tecnologia digitale nella “società della performance”

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Maura Gancitano e Andrea Colamedici sono gli autori di un libro intitolato “La società della performance. Come uscire dalla caverna”. Per spiegarvi meglio di cosa tratta questo libro vi racconterò un piccolo aneddoto risalente a diversi anni fa.

Era il 2012 e mi trovavo nell’atrio della Facoltà di Lettere e Filosofia di Tor Vergata, mentre aspettavo l’inizio delle lezioni. Nella noia dell’attesa catturarono la mia attenzione due ragazze, che ferme davanti al distributore automatico di bevande se la ridevano di gusto. Non so di preciso per cosa stessero ridendo, ma rimasi particolarmente colpita da una frase che una delle due ragazze rivolse all’altra e che suonava più o meno così: “No ti prego, lo devi rifare, devo riprendere la scena e pubblicarla su Facebook!”.

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Insomma, qualsiasi fosse stato il motivo che aveva fatto tanto divertire quelle ragazze, ciò che più contava per loro non era tanto l’aver vissuto quel momento, quanto poterlo condividere con un pubblico più ampio, a costo di dover ripetere l’episodio, come in una vera propria messinscena

Autopromozione e cultura del positivo

L’episodio di cui vi ho parlato riflette a mio parere l’essenza di quella che Gancitano e Colamedici chiamano “società della performance”: una società in cui tutti sono dei performer, ovvero attori pronti a condividere la propria “esibizione” con un pubblico più vasto possibile. Ci comportiamo in questo senso come veri e propri brand, ma ciò che promuoviamo non sono né prodotti né servizi, bensì un simulacro della nostra identità. In cambio, invece del denaro, riceviamo (o almeno speriamo di ricevere) approvazionesuccesso e consenso

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La società della performance si regge sulla cultura del positivo: ciò che è positivo porta beneficio alla nostra persona e aumenta la reputazione che gli altri hanno di noi. Il nostro “pollice alzato” è un po’ come quello dell’Imperatore che decreta il destino del gladiatore. Non importa chi si nasconde dietro quell’armatura, quante volte abbia dimostrato forza e coraggio, quali grandiose sfide abbia vinto prima di quella, tutto si riduce a quell’ultima decisiva performance.

Il ruolo della tecnologia

Secondo Gancitano e Colamedici la società della performance è il risultato di una società che ha progressivamente perso il contatto con il sacro (inteso non solo nell’accezione religiosa del termine, ma anche in senso lato, come insieme di valori fondanti di una società, di rituali condivisi) e lo ha sostituito con l’adorazione dei mezzi tecnologici. Mezzi che di per sè di sacro hanno ben poco, soprattutto se vengono utilizzati per esaltare “valori” come l’ individualismo e il successo personale.

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In questa società si possono distinguere due tipi di individui: da una parte quelli che hanno accolto le nuove tecnologie con entusiasmo, ma che non hanno contenuti di valore da condividere con gli altri; dall’altra quelli che guardano con scetticismo a questi strumenti, ma che hanno accumulato un bagaglio culturale di grande valore, che resta però confinato nello spazio che si sono ritagliati al di fuori della società del progresso e della performance. Sono quelli che Umberto eco chiama rispettivamente Integrati apocalittici.  

In media stat virtus

In questo periodo si sta assistendo a un accantonamento della “cultura del positivo”, in favore di un – almeno apparente – recupero dell’autenticità, che lascia spazio anche alle emozioni negative, alle imperfezioni, alle fragilità. Che si parli davvero di contenuti autentici o meno è difficile a dirsi. Certo è che per poter arrivare davvero a mostrare le proprie fragilità bisogna prima aver costruito un’identità forte e consapevole di séGancitano e Colamedici ci indicano un atteggiamento che è esattamente a metà tra quello degli integrati e quello degli apocalittici.

È un po’ lo stesso discorso che facevamo nell’articolo della scorsa settimana, in cui vi parlavo del rapporto tra giovani e social network. Anche in questo caso infatti, il consiglio dei due autori è quello di non disdegnare il valore dei mezzi di comunicazione moderni, avendo però coscienza di utilizzarli non soltanto per fini individualistici, ma anche e soprattutto per mettere a disposizione degli altri il nostro sapere e la nostra cultura, che solo allora potrà diventare una cultura condivisa e potrà riportare agli spazi virtuali almeno un po’ di quella “sacralità” che è andata perduta.

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Eleonora Lisi
Eleonora Lisi
Laureata in Media, Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università di Roma La Sapienza, la dott.ssa Eleonora Lisi per TuNews24.it cura la rubrica settimanale ‘Impronte Digitali’ dedicata al tema ‘società e nuove tecnologie’. Si occupa di copywriting e web content management e ha fatto parte del team di ricerca dell'Osservatorio Social TV (Centro di Ricerca Digilab, Sapienza) che indaga i cambiamenti nel mercato televisivo e nelle pratiche delle audience. In passato ha collaborato anche con la redazione online del quotidiano ‘Ciociaria Oggi’ scrivendo di attualità e cultura.
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