giovedì 28 Marzo 2024
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“La mia voce” di Patrizia Baglione attinge al serbatoio dei ricordi e delle emozioni

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Patrizia Baglione

Nell’immenso prato della vita, la piccola goccia, posata sul petalo di fiore si sentiva ormai sola. Ma non aveva voce quindi non poteva confessarlo. Sono queste le parole che presentano il primo libro della scrittrice verolana Patrizia Baglione “La mia voce” edito dalla Quid Edizioni.

 

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La sua dedica particolare alla mamma e al papà ai quali è andata la prima copia del libro, naturalmente autografata. Nasce ad Arpino, amante dell’arte e della letteratura, si affaccia alla poesia all’età di tredici anni. Prosegue poi gli studi presso l’Istituto Angeloni conseguendo il diploma in Tecnico della Grafica Pubblicitaria. In tutti questi anni, ha continuato a scrivere numerose poesie, che ha dato modo di pubblicate questo suo primo libro, ma, sta già lavorando per il futuro, affrontando temi sociali, come la disabilità, la malattia e l’omosessualità. Attualmente vive a Veroli, si dedica alle cose che ama: la lettura, i vernissage e i piccoli viaggi.

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Così ne parla Massimo Pasqualone poeta, critico letterario e d’arte, saggista e docente universitario autore della prefazione del libro ‘LA MIA VOCE’ di Patrizia Baglione: “Per ritrovare le radici dell’anima, la poesia di Patrizia Baglione attinge al serbatoio dei ricordi e delle emozioni, perché le parole che vengono portate dal vento diventano dolce malinconia, solitudine a colori.
La poetessa affida al verso la possibilità di dire gli attimi della vita, gli istanti fissati per sempre nella mente, quei pensieri che l’anima schiude novella, per dirla col Nostro, in un naufragio
della coscienza che ci permette, alla fine, di ritrovarci, di dare vita ad una nuova vita, dove persino la tristezza, la malinconia, la solitudine, assumono una nuova dimensione, quasi funzione
salvifica.
La parola permette alla poetessa di perdersi nell’infinito, dove nulla è come sembra e tutto è il Tutto, in una sorta di panismo, panenteismo, come si evince nella poesia Fuori dal mondo:

Sento il cuore più forte
io che osservo fuori dal tempo
e dallo spazio.
Tu sei dentro di me; sei la paura
e sei la strada, mi trascini sempre via.
Sei il mistero
sei il deserto.
Perdiamoci insieme
ancora una volta.

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Certo, non mancano gli affetti, i sentimenti, ma la ricerca è tutta rivolta a “Quell’Eden che aspetta il nostro arrivo e la nostra misera riconoscenza”. Forse solo il poeta ha la cognizione della condizione umana, solo la poesia sviscera, approfondisce, carpisce quel mistero unico che è la vita, insondabile, ma, in definitiva

Un ‘orchestra meravigliosa, la vita
strumenti a corde uniti a quelli a fiato
e il sentimento a dirigere l’orchestra,
Come un jazz, lento e poi veloce
come un passo di tango di una donna troppo bella.
Poi i colori, che richiamano odori e suoni
Iuci, ombre, sfumature.
La musica termina quando termina la vita
ma che è infinita
come una grande nave senza fine, che solletica il mare.

La lettura di queste liriche evoca un tema a me molto caro, il tema della libertà dell’artista in genere, la possibilità che l’arte, e qui la poesia, possa renderci eterni, liberi dalle costrizioni del
quotidiano, forse anche per mezzo dell’amore, che attraversa questo libro come fiume carsico.

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