La crisi dell’acqua è un problema che riguarda tutti noi e richiede una presa di coscienza e un impegno comune. Ognuno di noi può fare la sua parte, adottando comportamenti virtuosi che riducano lo spreco di acqua e promuovano il suo uso sostenibile. Ad esempio, l’installazione di rubinetti a risparmio idrico, la raccolta delle acque piovane o l’utilizzo di tecniche di irrigazione efficienti possono contribuire a ridurre il consumo di acqua. Inoltre, è necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dell’acqua come bene comune e incoraggiare il dialogo tra tutti i soggetti interessati per trovare soluzioni condivise e sostenibili. Solo così possiamo garantire un futuro sano e vivibile per tutti gli abitanti del nostro pianeta.
Quando sentiamo parlare di riscaldamento globale non possiamo far altro che prendere atto che i repentini cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo rischiano di far scomparire qualcosa che ci riguarda da molto vicino: il cibo sulle nostre tavole. Siccità, anticipo della primavera e scarsità di risorse idriche intaccano progressivamente le capacità agricole, creando squilibri produttivi e crescenti disagi socio-economici.
Uragani più frequenti, meno cereali, piogge fuori controllo, innalzamento delle acque oceaniche sono solo alcune delle calamità che iniziano ad affliggere sempre di più la nostra vita quotidiana.
Le terre destinate alla produzione alimentare e in particolare ai cereali maggiori – essenziali per l’alimentazione umana e degli animali da allevamento – sono sempre più minacciate dalla mancanza di un’efficiente distribuzione idrica. Basti pensare che la già scarsa produzione cerealicola e foraggiera nel bacino del mediterraneo – circa un 12% della produzione mondiale – diminuisce la resa di queste colture dello 0,2% ogni anno. Eventi climatici “estremi” – come alluvioni e siccità – rendono le colture più vulnerabili a parassiti e funghi. Come se non bastasse, i cambiamenti climatici starebbero influenzando anche il valore nutrizionale di cereali e foraggi. Le piante assorbono dal suolo sali minerali preziosi per la sintesi di sostanze nutritive – come l’amido nel caso dei cereali. Un terreno impoverito offrirà, a parità di raccolto, alimenti meno nutrienti per uomo e animali. Il ricorso a colture estensive meno vulnerabili agli sbalzi climatici sottrae spazio e valore alle colture specializzate: le varietà di piante tipiche di un territorio sono gradualmente abbandonate, se non ritenute in grado di resistere al clima che cambia.
Se a tutto questo aggiungiamo che tali fenomeni aggravano gli squilibri socio economici creati dalle grandi multinazionali che gestiscono i valori delle “commodities”, è facile capire come in un futuro – peraltro non troppo lontano – in cui la distribuzione delle risorse alimentari diverrà una priorità sempre più stringente, è ipotizzabile una corsa all’appropriazione di terre e risorse idriche: solo chi avrà terra e acqua potrà garantire la produzione di cibo.


