Uno studio di Unioncamere evidenzia l’aumento del 42% dei costi per l’energia elettrica e il gas naturale. Coldiretti e Unindustria lanciano l’allarme: una situazione insostenibile per agricoltura e Pmi
In aumento del +42% la spesa per le micro e piccole imprese su energia elettrica e gas naturale nel primo trimestre 2022, rispetto allo scorso trimestre. A rivelarlo è il monitoraggio periodico dei costi dei servizi pubblici locali sostenuti dalle imprese operato da Unioncamere e BMTI con il supporto di REF Ricerche. La spesa unitaria media, stando all’indagine, si assesterà dunque sui 476 euro al MWh per l’energia elettrica e 1,36 euro al mc per il gas naturale nel primo trimestre 2022. Tra i differenti profili tipo di impresa analizzati, per quanto riguarda l’energia elettrica, gli aumenti oscillano tra il +48% per l’ortofrutta e il +93% per il negozio di beni non alimentari rispetto al I trimestre 2021, mentre per la spesa di gas naturale gli aumenti vanno dal +101% per l’ortofrutta al +109% per il ristorante. A pesare è il forte rincaro delle quotazioni internazionali del gas naturale, a causa degli squilibri nel mercato tra l’aumento della domanda mondiale di gas e le rigidità dell’offerta. Segnali d’allarme e appelli vengono sia dal mondo agricolo, sia da quello industriale.
«Nel Lazio – ha evidenzia David Granieri, presidente regionale di Coldiretti – rischia di chiudere una stalla su quattro con l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, che vanno a gravare su una situazione già fortemente compromessa. Il settore zootecnico è uno dei più colpiti dalla crisi determinata dalla pandemia e dalle speculazioni di chi ha cercato di trarre un illecito vantaggio da questa situazione. Solo negli ultimi cinque anni sono circa 200 le aziende che sono state costrette a chiudere, passando così da più di mille aziende a poco più di 800 tra quelle ad orientamento latte. Dobbiamo tutelare la dignità delle imprese di allevamento – aggiunge Granieri – davanti all’esplosione dei costi di energia e mangimi e con il latte spot venduto sul mercato a quotazioni record, è necessario intervenire per salvare uno dei settori più colpiti. La zootecnia è fondamentale per l’economia regionale e per contrastare il degrado di interi territori che rischiano lo spopolamento. Il comparto zootecnico del Lazio, che offre lavoro a più di 20 mila dipendenti, conta oltre un milione di capi che rappresentano circa il 5% del dato nazionale con una presenza dell’86% di ovini, caprini, bovini e oltre il 5% di bufalini e il 4% di suini. Un patrimonio che negli ultimi anni ha subito un ridimensionamento del 3%. Non possiamo permetterci di mettere a rischio il futuro di un settore che produce ogni anno oltre 12 milioni di tonnellate di litri di latte di mucca – continua Granieri – grazie a circa 30mila allevamenti diffusi lungo tutta la Penisola. Nel Lazio registriamo una preoccupante diminuzione di aziende negli ultimi anni. Una situazione che potrebbe peggiorare a causa della pandemia e dell’aumento delle materie prime. E’ fondamentale puntare all’autosufficienza alimentare per stabilizzare le quotazioni e garantirsi adeguati approvvigionamenti di fronte alla situazione di instabilità, che caratterizza i mercati dopo la pandemia, ma soprattutto tutelare il Made in Italy. Il giusto prezzo e il contrasto alle pratiche sleali e agli abusi di potere lungo tutta la filiera rappresentano una questione di democrazia, giustizia e libertà. Se il prezzo del cibo diventa un campo di speculazione a perdere saranno sempre gli agricoltori e i consumatori».
A mostrare preoccupazioni anche Unindustria. A lanciare l’appello al Governo è stato anche Aurelio Regina, presidente del Gruppo Tecnico Energia di Confindustria, nel corso di workshop ‘Focus Energia – Aumento dei prezzi: cause, impatti, prospettive, promosso proprio dall’associazione datoriale
«Dobbiamo mettere in sicurezza il sistema industriale e garantire quel portafoglio ordini che le imprese hanno ma che paradossalmente non sono in grado di assolvere. Governo e maggioranza – ha evidenziato – si facciano carico politicamente di venire incontro alle imprese, perché altrimenti o queste saltano per aria o si scarica tutto al consumo e alla fine pagano i cittadini o in quanto lavoratori o in quanto consumatori: non ci sono altre strade”. L’incontro è stato moderato da Miriam Diurni, presidente di Unindustria Frosinone, la quale ha evidenziato che si è trattato di «un momento di confronto importante affinché le aziende sappiano cosa Confindustria sta proponendo e le stesse imprese possano evidenziare a loro volta eventuali idee o richieste di chiarimento». A illustrare l’attuale situazione e l’impatto dei maggiori costi energetici, che «si sta abbattendo in modo significativo sulle imprese industriali con un forte incremento di costi per le forniture con conseguente erosione dei margini operativi”, è stato Alessandro Fontana, direttore del Centro Studi Confindustria, subito dopo i saluti iniziali del presidente di Unindustria, Angelo Camilli: «Quello che trattiamo oggi è un tema molto attuale, serio e complesso dovuto a fattori sia interni che esterni di politica internazionale: l’energia è un tema estremamente impattante sulla ripresa del Paese soprattutto nel settore manifatturiero, che sta avendo un ruolo fondamentale – ha detto Camilli – Confindustria sta lavorando molto nelle attività di proposta al Governo e su tutti i temi di interesse delle imprese grazie al grande lavoro che sta facendo Aurelio Regina. L’obiettivo dell’incontro è quello di far arrivare ai territori le proposte che Confindustria sta facendo al Governo, a che punto siamo, quante ne sono state accettate, quante sono ancora sul tavolo e quali prospettive abbiamo».