lunedì 24 Marzo 2025
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ATLETICA – Fabrizio Donato insegue la sesta Olimpiade

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La spedizione azzurra a Doha? Mentalità da cambiare

Il mondiale di Doha lo ha visto in Tv. Fabrizio Donato, primatista e pluricampione italiano di salto triplo, non era in pedana a lottare con Taylor e Claye, i soli capaci di saltare più di lui alle Olimpiadi di Londra 2012.
Una scelta dolorosa e ponderata, che Fabrizio ci spiega così: «Con il passare degli anni la natura ti toglie qualcosa e ti regala altro, in termini d’esperienza e di capacità di gestirti. E’ del tutto normale che alcune risposte vengano un po’ a mancare, ma si può sopperire sfruttando la capacità d’interpretare certi segnali. Purtroppo dopo l’ennesimo infortunio agli Euroindoor ho dovuto a lungo convivere con dolori che erano diventati una costante. Mi sono comunque allenato regolarmente fino a inizio luglio, quando ho ritenuto che la condizione raggiunta non mi avrebbe consentito di ottenere le misure che cercavo. A quel punto, piuttosto che gareggiare e rischiare un infortunio serio, mi sono limitato ad un lavoro di contenimento, senza forzare mai. Da cinque settimane ho ripreso a pieno regime e, grazie a un’alimentazione anti-infiammatoria e ad altre precauzioni adottate mi sto allenando in modo proficuo, senza più sentire dolore».


L’obiettivo di Donato è ambizioso, straordinario, storico: l’atleta delle Fiamme Gialle insegue infatti la partecipazione alla sesta Olimpiade, impresa che mai nessuno in Italia ha saputo compiere. Per ora soltanto lui, il grandissimo Pietro Mennea ed il marciatore Giovanni De Benedictis hanno preso parte a 5 edizioni dei Giochi Olimpici. Per diventare il capofila solitario di questa prestigiosa graduatoria, il capitano azzurro dovrà però centrare il minimo, fissato in 17,14.

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«Ci proverò fin dalle gare indoor, che sovente mi hanno portato fortuna. “In sala” ho realizzato un gran numero di buone performance, tanto da meritarmi l’appellativo di “bello di notte”, come il calciatore Boniek. Questa per me è davvero la campana dell’ultimo giro. Al termine della stagione lascerò le competizioni e naturalmente sarei felice di chiudere con un buon risultato nella gara a cinque cerchi».


In attesa di sapere se il guerriero Fabrizio vincerà anche la sua ultima battaglia sportiva, facciamo con lui il punto sul mondiale appena conclusosi, con una location al centro di polemiche e dibattiti. Giusto gareggiare a Doha?
«Credo che il problema delle particolari condizioni climatiche sia stato soprattutto sopportato dagli atleti impegnati su strada, nella marcia e nella maratona. Senza addentrarci in considerazioni di carattere geopolitico, mi limito a dire che probabilmente gli atleti arabi possono incontrare problemi analoghi quando vengono a gareggiare in Europa. L’atletica è uno sport universale e non sarebbe logico far svolgere tutte le competizioni importanti in Europa o in America. Diciamo che l’esperienza fatta a Doha potrebbe tornar utile anche a Tokio, dove probabilmente si riproporranno certe tematiche di carattere ambientale».

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La squadra azzurra ha chiuso con un bilancio in chiaroscuro, forse più scuro che chiaro. Come la vede il capitano?

«Sarò poco diplomatico, ma presto dirò anche ai ragazzi quel che penso di questa spedizione. Credo che la mentalità vada cambiata radicalmente. Il bilancio non è positivo, inutile arrampicarsi sugli specchi per cercare di dimostrare il contrario. E soprattutto inutile cercare alibi o motivi di soddisfazione diversi da una medaglia. Essere il primo dei bianchi, o il secondo degli Europei, o aver avvicinato il personale, non può bastare. Quando ero tra i giovani della nazionale i miei capitani puntavano a vincere e a salire sul podio. Ogni altro risultato veniva considerato una sconfitta. Deve essere così anche adesso. Ho molto apprezzato le dichiarazioni di Crippa dopo il suo ottavo posto nei diecimila, raggiunto con un record italiano comunque storico e straordinario. Ha detto di non essere soddisfatto, perché il mondo è ancora 100 metri più avanti. Analoga reazione ha avuto il marciatore Stano, che si è autoaccusato di non aver reso al meglio e si è detto pronto a rimettersi al lavoro per far bene al prossimo appuntamento importante. Avrebbe potuto appellarsi all’eccessivo zelo dei giudici, che gli hanno affibbiato due rossi in pochissimi minuti, una cosa mai vista; invece ha preferito prendersela con se stesso e trarre da questa esperienza la rabbia giusta per far meglio in futuro. Ecco, personalmente mi sono piaciuti Stano, Crippa e naturalmente Eleonora Giorgi, la nostra medaglia. Io sono ammirato da tutte le atlete capaci di marciare per 50 chilometri. Per me hanno tutte vinto una battaglia straordinaria, perché è tutt’altro che semplice portare a termine una gara simile; poi, il bronzo della nostra portacolori rende tutto più bello. Peccato però che la 50 Km femminile non sia specialità olimpica».

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Con Fabrizio Donato è naturale parlare di salto triplo: il dominio di Taylor e Claye sembra non avere confini temporali, mentre tra le donne la venezuelana Rojas sembra in grado di dettar legge per tanti anni ancora…

«Per quanto riguarda i miei amici statunitensi non posso che augurarmi che abbiano sparato la loro ultima cartuccia, ma al di là della battuta devo dire che sono davvero eccezionali perché da tantissimi anni mostrano una continuità di rendimento su livelli straordinari, in una specialità davvero complessa come quella del triplo. La gara di Doha è stata bellissima e di alti contenuti, con i primi 8 tutti abbondantemente oltre i 17 metri. Il mondo corre, lancia e salta in modo impressionante e primeggiare in questi contesti non è impresa agevole. Bisogna però provarci e crederci. E’ il primo passo.
Quanto alla giovane venezuelana, non sono d’accordo con chi sostiene che abbia ancora una tecnica di salto non impeccabile. Le lunghe leve le impongono un certo tipo di approccio alla pedana, ma dopo due balzi arriva già molto distante e non disperde la velocità. Credo che presto stabilirà il nuovo record del mondo e che sarà davvero difficile batterla d’ora in avanti nelle manifestazioni più importanti».

 

Il giamaicano Tajay Gayle

Devi porre su un ideale primo gradino del podio un solo atleta, tra i tanti fenomeni che si sono esibiti in Qatar: chi scegli?

«Scelgo il giamaicano che ha vinto la gara del lungo, Tajay Gayle. Non era atteso quale possibile vincitore, ma ha messo in fila tutti i favoriti ed è atterrato a 8,69. Ha migliorato il proprio personale di 37 centimetri nella gara più importante, dopo una qualificazione sofferta. E’ l’esempio di come si debba lottare sempre e accontentarsi mai».
Comincia così la caccia di Fabrizio Donato alla sesta Olimpiade, nel segno di una volontà di ferro, grazie alla quale il campione frusinate ha scritto pagine indimenticabili, forgiando la sua figura straordinaria di uomo e di sportivo. E la pagina più bella chissà che non sia quella da scrivere ancora…

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Roberto Mercaldo
Roberto Mercaldohttps://www.tunews24.it
Giornalista del quotidiano online "TuNews24.it", è stato Caposervizio dei quotidiani "Ciociaria Oggi" e "Il Quotidiano della Ciociaria" e responsabile delle pagine sportive del quotidiano "La Provincia".
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