Fiaccati dal boom degli affitti, dalle tasse, dall’insufficiente ricambio generazionale, dalla contrazione del volume d’affari provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche dal commercio elettronico, gli artigiani stanno diminuendo in maniera spaventosa. Negli ultimi 10 anni, infatti, il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di quasi 300 mila unità, per la precisone 281.9251 . E’ un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi di provincia. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate. Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi di scambio dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere. Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Una platea sempre più numerosa della popolazione italiana che conta più di 10 milioni di over 70. Non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sottocasa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.
Gli artigiani in Italia sono sempre meno, un dato che non fa difetto anche per le province di Frosinone e Latina, dove negli ultimi dieci anni il calo delle attività artigianali si è attestato sulla doppia cifra percentuale. In Ciociaria infatti nel 2012 c’erano 12021 botteghe, dato sceso a 10320 nel 2021: in termini assoluti fa 1701 artigiani in meno, in termini percentuali una discesa del 14,2%. Nel pontino la discesa è meno marcata: di 12489 botteghe presenti nel 2012, nel 2021 se ne contano 11080. Un calo del 11,3% con 1409 artigiani in meno.
Un dato che vede comunque il Lazio e le sue province, soprattutto grazie al peso di Roma, scendere sotto la media nazionale, che parla di un 15,1% in meno di attività di artigiani con più di 281 mila saracinesche di botteghe che non si sono più rialzate. Prendendo il dato regionale viene fuori che il Lazio è al terzo posto: meglio della nostra regione hanno fatto solo Campania e Trentino Alto Adige. Nel Lazio a fronte di 121 mila imprese circa nel 2012, nel 2021 ne sono rimaste poco meno di 109 mila con un calo di circa 12 mila unità, quindi il 12,1%.
Secondo la CGIA di Mestre a fiaccare la presenza delle botteghe nelle città italiane sono stati il boom degli affitti, le tasse sempre più elevate, l’insufficiente ricambio generazionale ed il boom degli acquisti online. Il risultato è che si perdono pezzi di storia e tradizione, ma si rendono anche le città più insicure, perché ogni luce che si spegne nel centro è un angolo di buio in più.


