Le prostitute nell’antica Roma, talvolta ricche, libere, potenti, di loro si è molto favoleggiato. Alcune, quelle libere, guadagnavano moltissimo. Nel tempo e nei secoli, con i proventi delle tasse che pagavano, sia è davvero eretto un impero.
Le prostitute nell’antica Roma
Smisurato poi è stato il flusso di denaro che queste donne muovevano per via dei pellegrini che andavano nell’Urbe. Nel 1400 e nel 1500, erano diventate un numero esorbitante e con i loro denari, sono nati palazzi e fontane che oggi ammiriamo. Facendo un passo indietro, la prostituzione nei lupanari, talvolta erano schiave, altre erano ricercate e diventavano “cortigiane”, amanti di uomini molto potenti. Di alcune si favoleggia, che abbiano avuto ai loro piedi uomini che erano disposti a tutto per loro.

Certamente, in epoca imperiale, avevano un aspetto e un modo d’atteggiarsi che le distingueva enormemente. I capelli sovente, decolorati, le parrucche elaborate, il trucco curato, che aveva un costo elevato. Spesso si riconoscevano invece dal rosso tipico dei capelli, che le prostitute sceglievano come tinta, o come parrucca. Al riguardo, infatti, sovente la meretrice era chiamata rufa, cioè “rossa”; elemento che è rimasto nei secoli.
Lupanari
Tuttavia non era solo rossa la capigliatura delle donne dedite al meretricio, poiché potevano essere definite “flava coma” per via della capigliatura bionda scelta come alternativa; che attraeva moltissimo. In epoca imperiale le prostitute si riconoscevano anche perché indossavano una corta tunica di velo giallognolo, senza altro addosso. Le forme esposte, erano talmente evidenti, ma molto tollerate nei costumi. Non dimentichiamo che Roma discendeva anche da una lupa che aveva allattato i gemelli, e i bordelli si chiamavano “Lupanari”, e poi Acca Larenthia, moglie del pastore Faustolo; madre adottiva di Romolo e Remo era di professione prostituta.

Sempre riguardo l’abbigliamento delle meretrici, le donne romane avevano comunemente un reggiseno, contrariamente a quanto si creda; poiché non si tratta di un’invenzione moderna. Avevano non solo una fascia, ma era simile a quello moderno, ma era per lo più in cuoio; perché doveva essere resistente e duraturo.
Postriboli
Esso però non era sempre presente nel costume delle prostitute. Inoltre, le meretrici, sotto le suole dei sandali, avevano la scritta “akoloythi”, ovvero “seguimi”; molto originale ma anche quest’usanza era estremamente efficace, come una firma, un biglietto da visita dell’epoca. Questa scritta era composta da chiodi; e camminando, lasciavano l’orma profonda sul terreno. Sembra che alcune, mettessero del colore sui chiodi, per lasciare l’impronta sulle pavimentazioni. In ogni casso, nella Roma imperiale, le prostitute raggiunsero pressappoco la cifra di 35.000; tuttavia la cifra è arrotondata al basso.

Tra le donne dedite al meretricio, c’erano le “quadrantarie”, che concedevano i loro favori per un quarto di asse, che era molto poco e ciò dipendeva da molti fattori. Le “copae” invece, concedevano le loro grazie anche soltanto per un solo bicchiere di vino. Come dicevamo, esse non portavano la stola e ciò le distingueva immediatamente.
Bellator Frusino e la prostituzione nei lupanari
Molti bordelli si trovavano in prossimità di luoghi di grande ritrovo, come mercati, palestre di gladiatori, non lontani dal Foro. Inoltre i bordelli erano chiamati comunemente ovunque “lupanari” dal nome delle prostitute che sovente vagavano nelle campagne, e rimandava sempre alle “lupe”. Come accennavamo, la leggenda dice che Romolo e Remo furono allattati da una lupa, e Acca Larenzia, la moglie del pastore Faustolo; che trovò e adottò i gemelli, era anch’essa una “lupa”, quindi una prostituta. Questo girovagare di donne era tollerato e nessuno le scacciava; poiché all’epoca i costumi erano molto diversi rispetto ad oggi. Queste donne, sapevano come non avere figli, ma quando ne avevano, raramente li abbandonavano, ma li affidavano a gente che stava nelle campagne, e gli mettevano al collo una catenina con un simbolo, per riconoscerlo. Non era strano a Roma, tornare a riprendere un figlio quando ciò era possibile.
Messalina
All’epoca le meretrici erano chiamate con diversi nomi e nomignoli, a seconda del luogo dove esercitavano il mestiere, ma erano sempre comunque molto libere, e rispettate. Tante vivevano in autonomia, e mettevano una lanterna fuori dall’uscio, altro segno di distinzione. La “prostibula” si poteva trovare facilmente davanti ad una stalla o a un lupanare povero. Comunque pagavano le tasse, erano protette dall’esercito e considerate una risorsa importante. La “bustuaria” invece, si aggirava nei cimiteri. Inoltre la “tabernaria” adescava per lo più nelle taverne, mentre quelle che esercitavano in casa, erano dette “castides”. Le “meretrix” invece lavoravano sempre dopo la merenda; quindi verso il tramonto. In alcuni periodi, in tutto l’Impero, la concorrenza della prostituzione maschile si fece molto pressante, e“ il vizio greco”, così chiamato, superò il meretricio femminile; un po’ come accade anche oggi. In alcuni postriboli, si poteva scegliere tra le varie “etnie” note all’epoca; cercando l’esotismo.
Venere Ericina adorata e le prostitute nell’antica Roma
Nota non di poco conto è che al tempio di Venere Ericina, ogni 23 aprile; convergevano tutte le prostitute in processione. Recavano tutte corone di rose e di mirto, piante sacre alla dea per onorarla. Chiedevano di restare giovani e belle e molti accorrevano sul posto. Molti bordelli era nella Suburra, oggi corrispondete pressappoco al quartiere Monti. Tuttavia esistevano dei lupanari di lusso sul palatino, dove si recava la migliore nobiltà. A quanto pare, secondo alcuni storici, sembra che sia stato Solone nel VI secolo a.C. a regolarizzare la prostituzione, istituendo dei bordelli statali. A Roma la prostituzione non solo dall’antichità è sempre stata un’istituzione, ma soprattutto come dicevamo, una congrua entrata per lo stato. Le risorse ricavate dalle tasse pagate dalle prostitute hanno contribuito a rimpinguare molto spesso le tasse dello stato, anche nei secoli successivi. Queste donne hanno sfamato; e talvolta salvato da morte certa molti disperati.
Ludi Florales
Specie durante le pestilenze e le guerre. Basti pensare che dopo il “sacco di Roma”, nella città rimasero solo 20.000 individui; tanti sfamati e alloggiati proprio dalle prostitute. Anche in seguito, grandi cortigiane, con le loro tasse hanno pagato i costosissimi marmi delle città dell’Impero. Si chiamava Flora, una delle più note cortigiana dell’antica Roma, che esercitava ai tempi di Anco Marzio. Venne addirittura divinizzata e a lei vennero dedicati i Ludi Florales; baccanali e spettacoli con seni nudi, di cui si favoleggiava. Si ricordano anche donne regali che si prostituivano per loro piacere con falsi nomi, come Faustina, Giulia e la più famosa Valeria Messalina. Quest’ultima aveva una stanza riservata in un bordello, aveva un nome d’arte, amava presentarsi con i seni dipinti d’oro e solo quando era “satolla”, tornava al suo palazzo. La bellissima terza moglie di Claudio, di notte, frequentava questo bordello, nascondendosi dietro un velo.
Licisca feretri augusta e le prostitute nell’antica Roma
Il nome che usava era Licisca; soprannominata “meretrix augusta” per la sua vita dissoluta, e messa a morte dallo stesso marito. Tante altre indossavano solo tinta aurea sui seni, e parrucche colorate. Le prostitute nell’antica Roma erano quindi impostantissime. Molte prostitute poterono riacquistare la libertà con i soldi guadagnati dalla loro attività; grazie anche ai loro talenti intellettuali o artistici.


