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I segni premonitori dell’Alzheimer

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La perdita di memoria è solo uno dei tanti segni che possono e devono essere riconosciuti per arrivare a una diagnosi del morbo di Alzheimer. La lista completa è stata diffusa dall’American Alzheimer’s Association nel 2015, e comprende, tra l’altro, i cambiamenti di personalità e di umore, ma anche i problemi nello scrivere o nel parlare. La perdita di memoria si concretizza nel dimenticarsi gli eventi, le date e più in generale tutte le informazioni con cui si è entrati in contatto di recente. Anche il ritiro dalle attività sociali o dal lavoro è un sintomo che non va sottovalutato: l’Alzheimer porta a perdere interesse verso i propri hobby e a rinunciare a impegni e attività sociali.

Che cosa succede in una persona che ha il morbo di Alzheimer

Un soggetto che soffre di Alzheimer è spesso ansioso e pieno di paure, ma può conoscere anche stati di depressione e confusione, oltre ad essere sempre sospettoso. In molti casi ha difficoltà nel prendere parte a una conversazione o nel seguirla, e inoltre non è più in grado di compiere delle valutazioni appropriate, per esempio dando ai soldi un valore sbagliato. Ancora, questa patologia impedisce a chi ne soffre di svolgere le azioni programmate e porta a perdere le cose, magari perché vengono collocate in posti insoliti. Confondere il luogo o il tempo è un’altra caratteristica peculiare: non si è più in grado di ripercorrere i propri passi, ci si dimentica dove si è, si smarrisce la cognizione del tempo o ci si scorda di come si è riusciti a raggiungere un certo posto.

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Le fasi del morbo di Alzheimer

Sono tre le fasi in cui si può distinguere il decorso della patologia. Nella prima fase si manifestano i disturbi iniziali del linguaggio e della memoria. Nella seconda fase, invece, si verifica una perdita graduale di autonomia da parte del paziente, che può iniziare a soffrire di allucinazioni o di deliri. La violenza è un altro tratto distintivo di questa fase intermedia, con l’aggressività che può essere solo verbale o anche fisica. Infine c’è la terza fase, denominata fase severa, che comporta la totale perdita di autonomia, per effetto della quale il paziente non è più in grado di comunicare, di bere o di mangiare.

La fase terminale

Il decorso e i sintomi della patologia cambiano in modo significativo da persona a persona: è per questo motivo che la fase severa si può manifestare in tempi più o meno rapidi. In qualsiasi caso è molto importante capire come comportarsi con un malato di alzheimer, anche per non farlo sentire in colpa e per consentirgli di trascorrere gli ultimi anni della propria esistenza in pace. Il grave declino cognitivo che contraddistingue la fase terminale del morbo di Alzheimer si palesa nella totale mancanza di risposte e reazioni agli stimoli che provengono dall’esterno: l’assenza di sorrisi è emblematica da questo punto di vista. Improvvisi e inattesi cambiamenti di personalità si associano alla perdita della memoria, ma ci sono anche altri segni di un declino irreversibile.

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A letto

In fase terminale la persona malata di Alzheimer non è in grado di mangiare da sola e soffre di incontinenza fecale e urinaria. Costretta a letto, ha bisogno di aiuto per andare in bagno e anche per mangiare, visto che la sua deglutizione è compromessa. Il paziente, inoltre, necessita di un sostegno per la testa e per sedersi e non riconosce più i volti familiari. Per di più non ricorda, se non con molte difficoltà, la propria vita, e non riesce a mantenere memoria neppure delle esperienze che ha vissuto più di recente.

Una routine impegnativa

È evidente che le persone che si prendono cura di chi soffre di Alzheimer in fase terminale devono fare i conti con una routine decisamente complicata. Per arrivare a una diagnosi della malattia possono essere effettuati diversi esami, come l’elettroencefalogramma, la risonanza magnetica e la tac cerebrale, che permettono di escludere la presenza di un tumore cerebrale, che potrebbe essere causa di sintomi simili. Tuttavia una diagnosi definitiva e certa può essere eseguita solo con un esame autoptico, e dunque dopo la morte del paziente, perché è necessario identificare le placche amiloidi nel tessuto cerebrale.

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