Siamo ingranaggi di un sistema malato che dispensa false verità alla velocità della luce. Protagonisti inconsapevoli di vorticose corride mediatiche, il più delle volte messe in moto da esperti di questo mondo 4.0, sul libro paga di questa o quella corrente. Mai pronti alla rettifica quando la verità salta inevitabilmente fuori. La cura a tutto ciò? Potrebbe essere un ritorno prepotente della stampa cartacea. Che però ora è all’ultimo stadio, in rianimazione. L’ultimo colpo, quello forse fatale, è stato assestato da un Governo al quale pare non interessi granché la qualità democratica del nostro Paese, quotidianamente obnubilata da strumentali fake news, che creano realtà parallele e scrivono pagine di storia provvisorie che irretiscono le menti più tenere, quelle della generazione che non ha mai conosciuto una verità certa, intrappolate in un limbo infernale. Ad affrontare il delicato e attualissimo argomento, tra le colonne del quotidiano Il Tempo, Andrea Amata, già vicepresidente della Provincia di Frosinone, che analizza il pericoloso fenomeno partendo dalle reazioni sul web dell’omicidio Rega. “Bulletti o buonisti. Pure i fessi del web hanno le correnti”: un pezzo da leggere tutto d’un fiato.
Sui social dilaga il fenomeno dell’eiaculazione precoce informativa. Novelli commentatori, con la smania da smanettoni irruenti, appagano un egocentrismo comunicativo ai limiti dell’autoerotismo. La straziante notizia del giovane carabiniere ucciso mentre adempieva al proprio servizio ha suscitato un sincero sgomento nell’intera comunità. Però, per molte ore la notizia non è stata la morte del militare dell’Arma, ma l’origine nordafricana dei presunti assassini come se l’omicidio avesse un surplus di abominio. Esplorando le pagine dei social sembrava di assistere ad una corrida mediatica in cui una moltitudine di toreri, con il petto gonfio e in posa pavoneggiante, infilzavano i loro epiteti acuminati sul bersaglio razziale. La discussione verteva su “chi ha ucciso chi” anziché su “chi è morto per”. Ormai tutti si sentono autorizzati ad emettere sentenze, incoraggiati dall’algoritmo che è costruito sulle nostre preferenze e ci reclude in un habitat one-size, omologato alle nostre opinioni. Accade che, come fossimo fruitori di un bar virtuale, avventori che hanno istinti comuni e si abbandonano a sommari verdetti, la nostra opinione convalidata e dopata dai like si tramuta in verità. Per ore i frequentatori dei social hanno trasfigurato la diceria degli assassini extracomunitari in autenticità inconfutabile. Quando si delineava, invece, la verità dei fatti, quella dei due ragazzi americani rei confessi, non c’è stato nessun sussulto di rettifica o di rimozione. Nella maggioranza dei casi al chiasso è subentrato il silenzio senza alcun ravvedimento per aver strumentalizzato la morte di un giovane servitore dello Stato per sfogare le proprie frustrazioni. Saviano non è sfuggito alla giostra mediatica e con i suoi flaccidi sermoni ha usato una “non notizia” per erudirci sui principi della convivenza. L’autore di Gomorra oracoleggia sugli effetti propagandistici ad uso dei sovranisti e, in modo contraddittorio, attualizza la sua propaganda ecumenico-buonista. Con la differenza che Salvini non ha dato una lettura razziale all’assassinio del brigadiere, mentre Saviano sì. Non ha importanza chi ha ucciso il carabiniere perché la brutalità del crimine non si attenua o si aggrava in base al suo esecutore. Il reato va sempre perseguito e represso senza stabilire una gradualità di colpa in base ad appartenenze etniche o di altro tipo. Le forze dell’ordine sono un presidio di legalità e sicurezza a cui dobbiamo riconoscenza e affinché il sacrificio del giovane Mario non sia vano dovremmo tutti, senza distinzione, supportarle nella loro azione quotidiana e farle sentire la nostra piena solidarietà. La carta stampata ha la responsabilità di contemperare gli eccessi che si registrano sui social, può ponderare le notizie e rivestirle di veridicità. Una missione impegnativa ed essenziale per la qualità democratica del paese. L’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria è stata approssimativa perché indebolisce un prodotto che può fungere da fondamentale anticorpo alle fake news. Sulla morte degli eroici servitori dello Stato non si montano strumentali campagne di insulti, perché così non si rende omaggio alla loro grandezza morale ma la si oltraggia con condotte da bulli che andrebbero messe off line.