Si dice che le cose riesci ad apprezzarle quando non le hai più. Oppure quando sei ad un passo dal perderle. E Riccardo Mastrangeli in questi giorni ha provato la difficoltà vera di essere sotto assedio, attaccato non più da singoli, bensì da gruppi ben organizzati. In un momento in cui si trovava già in difficoltà numerica, ha dovuto fare i conti anche con il fuoco amico. Con gli alleati. Forse è stato dovuto a questo il velo di tristezza che aleggiava sul suo volto ieri mattina, in occasione dell’inaugurazione dei rinnovati Piloni.
Lui, però, è arrivato puntuale come sempre, impeccabile nella forma, e ha indossato la fascia come tante altre volte ha fatto, in questi anni, in occasione di ricorrenze pubbliche o tagli del nastro di opere cittadine. Ma quel tricolore sul cuore, questa volta, ha avuto un altro effetto su di lui. E a chi in questi anni ha imparato un po’ a conoscerlo, questo non è sfuggito. Nella gioia profonda e vera dell’apertura di un’opera strategica che il capoluogo attendeva da decenni e che la sua Amministrazione si è impegnata a completare nel migliore dei modi, la consapevolezza di ciò che potrebbe essere.
La fine improvvisa di un’Amministrazione significa lasciare anelate opere incompiute. Ha il sapore amaro del possibile pensiero, da parte della cittadinanza, di essere stata tradita con promesse non rispettate. È come il capitano di una nave che l’abbandona mentre affonda. Ma contro il suo volere.
Ieri ogni istante è passato a rallentatore sotto gli occhi del sindaco, ogni saluto fatto, ogni parola scambiata, ogni mano stretta o bimbo accarezzato.
E poi la folla. Una miriade di persone: uomini, donne, anziani e bambini. Tutti hanno raggiunto a piedi e con il freddo pungente delle 10 di mattina quelle arcate. A sottolineare che sì, forse, tutto sommato, si sta facendo bene. Nonostante tutto. Nonostante le critiche, che non mancano mai, vengono comunque apprezzati da molti i risultati raggiunti con sacrificio e passione. E questo, se possibile, rende il tutto ancora più triste.
Gli occhi lucidi durante il discorso proferito dietro al leggìo, gli sguardi lanciati di nascosto tra la gente durante gli applausi, quasi a voler rubare attimi, istanti, fermi immagine. E poi i ringraziamenti fatti al taglio del nastro. Rimarcati per ben quattro volte. “Grazie. Grazie a tutti. Grazie a tutti quelli che hanno lavorato. Grazie a tutti”. Il senso di squadra, che con lui ha condiviso il lavoro, il sacrificio, l’impegno, per giorni, mesi, anni, prima di arrivare a quell’agognata inaugurazione. Un senso che stavolta non è sfuggito a causa di fretta, questioni burocratico-organizzative o successive incombenze. No, perché questa volta i ringraziamenti sono stati ben rimarcati. Nulla deve rimanere incompiuto. Non solo le opere, ma anche i segni di affetto e gratitudine verso i propri collaboratori. Improvvisamente potrebbe non esserci più tempo per farlo. Quindi è giusto che sia così.
Tra mani ben strette e abbracci lunghi, qualcuno che gli vuole bene e che mastica di politica, ha consigliato al primo cittadino di dimettersi, per non darla vinta a chi cerca di metterlo con le spalle al muro. Ma se mentre, in passato, magari senza ammetterlo, ci aveva anche pensato, questa volta non se ne parla. Riccardo non mollerà. E a spingerlo ad andare avanti probabilmente sono state proprio quelle storiche arcate, sotto le quali i cittadini, tanti, sono venuti con il sorriso a ringraziarlo per il lavoro che quotidianamente svolge. È da loro che ha preso la forza per tirare dritto verso il completamento del suo mandato e del programma elettorale promesso alla cittadinanza. Poi quel che sarà, sarà.
Per Riccardo, ieri è come se fosse stato il suo primo giorno da sindaco. Consapevole veramente, stavolta. Di tutto. Quella fascia l’ha sentita bruciare sulla pelle per tutto il tempo. Le emozioni vivide e gli attimi lenti. E così sarà sempre, d’ora in poi. Per dieci, cento o mille giorni, poco cambia. La sua nuova vita inizia qui. Dai Piloni, la rinascita.


