Non è facile trattenere le lacrime quando si ripercorrono le tappe di un mestiere durato quasi 40 anni. A farlo è il Vigile del Fuoco giulianese, Giancarlo Giovannelli, ormai prossimo alla pensione, dopo una vita trascorsa al servizio del prossimo.

Tutto ebbe inizio nel lontano agosto del 1991, quando venne assunto nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Moltissime ed altrettanto diverse le assegnazioni, gli incarichi e le promozioni, fino a giungere presso la Direzione Centrale per la Formazione delle Scuole Antincendio, svolgendo il ruolo di formatore, educatore e punto di riferimento per le nuove leve.
Spirito di abnegazione ed altruismo, attaccamento al servizio e profonda devozione per quello che ad oggi è considerato il mestiere più bello al mondo.

Il terremoto del Molise nel lontano 2002, il sisma in Abruzzo, l’emergenza rifiuti in Campania, le operazioni di soccorso alle popolazioni in Emilia Romagna dopo il sisma del 2012 e molto altro.
Quarant’anni di servizio. Qual è l’intervento che ricorda con piacere o che considera più significativo?
“Dunque, 40 anni non sono di certo pochi. Tanto il lavoro svolto, con la stessa identica passione e premura. Tra questi, quello che senza dubbio ricorderò con maggiore affetto è il parto di una donna rumena sul pianerottolo della sua abitazione. Le si erano rotte le acque, era sola in casa e siamo intervenuti con la nostra ambulanza. Il bimbo stava nascendo, il tempo per trasportarla in ospedale non era sufficiente, l’abbiamo aiutata a partorire lì in attesa dell’arrivo dei sanitari. Un’emozione che, ancora oggi nel raccontarla, mi provoca davvero uno strano effetto”.

Bene. Quale è stato invece l’intervento che mai avrebbe voluto fare…
“Beh, qualsiasi Vigile del Fuoco non vorrebbe mai fare un intervento dove sono coinvolti i bambini. A me, purtroppo, è capitato, tra le tante cose, un soccorso che ha visto coinvolta un’intera famiglia: padre, madre ed una bimba di soli 4 anni. Una terribile immagine che ho impressa ancora nella mia mente”.
Il Vigile del Fuoco non è solo un lavoro, ma una passione ed uno stile di vita. Cosa si sentirebbe oggi di consigliare alle nuove leve?
“Gli ultimi 13 anni della mia carriera li ho trascorsi ad addestrare le nuove reclute come istruttore professionale. A loro ho sempre detto che il nostro lavoro lo fai bene solo se lo senti nel cuore. Non è un mestiere semplice, per tutti. Occorre una particolare vocazione. In sostanza, non è un lavoro che si fa per lo stipendio, ma per l’aiuto e la devozione al prossimo”.

Ha mai pensato di voler cambiare lavoro durante il tuo percorso?
“No. Mai pensato. L’ho scelto perché mi è sempre piaciuto e perché da sempre sento di avere questa vocazione. Lo ritengo il mestiere più bello del mondo”.

Fuoco, acqua, interventi stradali, cosa spinge un Vigile del Fuoco ad intraprendere questa missione?
“Credo il senso di appartenenza, oltre che alla vocazione personale. Il servizio al prossimo, il non cedere mai alla stanchezza e allo sconforto, l’esserci sempre e comunque, il crederci fino alla fine. Ritengo, senza voler peccare di presunzione, che solo i migliori nascono Vigili del Fuoco”.

È così giunto alla meritata pensione. Guardando indietro, cosa le mancherà?
“Beh, sì. Meritata pensione. Ma già so che, guardando indietro, mi mancherà molto la vita di caserma. Così come l’operatività, i miei colleghi, con cui ho trascorso gioie, paure, momenti tristi e momenti belli. Della grande famiglia dei Vigili del Fuoco mi mancherà tutto e la porterò sempre con me, nel mio cuore”.

Una pagina di vita che si chiude ma che lascia spazio agli insegnamenti erogati negli anni ed alla trasmissione di un senso di abnegazione e di appartenenza che solo in una vera famiglia possono esistere.















 
                                    