martedì 29 Aprile 2025
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Premier League vs Serie A: come cambia la ripartizione dei diritti tv

È ormai risaputo come Premier League e Serie A abbiano un sistema profondamente diverso per quanto riguarda la spartizione dei diritti tv: queste dinamiche incidono parecchio sulla competitività dei due campionati. Osservando i dati relativi alla stagione 2023/2024, infatti, il confronto appare impietoso.

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In Italia in prima posizione troviamo l’Inter, con ricavi da più di 101 milioni di euro, seguita dal Milan con 87 milioni e la Juventus con 86 milioni. In Inghilterra, invece, per le neopromosse l’ammontare si fissa ad oltre 140 milioni: Luton, Burnley e Sheffield United hanno percepito rispettivamente 149,8, 142,9 e 142,4 milioni. Ne consegue, dunque, che lo Sheffield fanalino di coda inglese abbia incassato il 41% in più dell’Inter campione d’Italia. Numeri che non fanno che enfatizzare la grande potenza economica del calcio d’Oltremanica.

Quante chances di vittoria hanno le “piccole” di Premier con questo sistema?

In questo senso, una cosiddetta medio-piccola inglese ha la possibilità di condurre una sessione di mercato certamente molto più ‘competitiva’ rispetto alle ‘colleghe’ di altre leghe. E tutto ciò si traduce in maggiori possibilità di competere per i piani alti della classifica. Il caso del Leicester di Claudio Ranieri è lì tutto da vedere.

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Questo fenomeno, porta i bookmakers a livellare le quote delle medio-piccole inglesi ad inizio stagione. Si traduce, così, in un pronostico più complicato da prevedere, ma anche la possibilità – per gli appassionati di calcio inglese – di sfruttare l’elenco dei migliori bonus di benvenuto offerti dai principali siti di scommesse, per ottenere un credito extra, senza dover investire subito il proprio denaro.

Diritti tv in Premier League: si tratta di un modello più equo

In ogni caso, il sistema inglese dei diritti televisivi segue sostanzialmente tre criteri: il 50% della torta viene assegnato a tutte le squadre in parti uguali, senza alcuna distinzione. Un ulteriore 25% dei ricavi dipende dal piazzamento in classifica: più in alto arrivi, più guadagni. L’ultima fetta è riservata alla visibilità televisiva, cioè al numero di partite trasmesse in diretta.

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E così, big come City, Liverpool o Arsenal finiscono per guadagnare di più perché, oltre a piazzarsi spesso nelle prime posizioni, sono molto seguite: ciononostante, anche le neopromosse ricevono cifre importanti. Senza calcolare poi il sistema di paracadute che tutela le retrocesse, aiutandole a non sprofondare economicamente: questo benefit può arrivare fino a 50 milioni di sterline ciascuna, spalmati su più anni, fino a tre stagioni, e si aggiunge ai già citati incassi legati ai diritti tv. Così, la scalata dalla Championship alla Premier si può riprovare anche subito, senza grossi traumi finanziari.

Diritti tv in Serie A: un sistema che favorisce le big

In Italia, la distribuzione dei diritti tv è meno equilibrata e tende a favorire le società più blasonate. Secondo quanto disciplinato dalla Legge Melandri, metà dei ricavi viene spartita in modo equo tra tutte le squadre, proprio come accade in Premier League. Per quanto riguarda i risultati sportivi, però, la faccenda cambia. Una percentuale, il 28%, dipende sì dalle prestazioni, ma non solo da quelle della stagione appena conclusa: conta anche la storia del club, con appositi parametri basati sui successi dal 1946 in poi. Il rimanente 22% è legato a fattori come il numero di tifosi o l’audience televisiva: squadre con un’ampia base di fan, come la Juventus e le milanesi, sono avvantaggiate rispetto a quelle con meno seguito.

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In questo modo si viene a creare una voragine tra le grandi del campionato e le cosiddette “piccole”, che fanno fatica a stare al passo. Inoltre, rispetto alla Premier League, il sistema di aiuti per chi retrocede è meno strutturato e generoso: l’importo complessivo – circa 60 milioni da dividere in tre – varia a seconda della permanenza in Serie A. Chi mantiene la categoria da più tempo riceve più soldi, mentre chi viene retrocesso subito ottiene molto meno. Scendere in B, dunque, si rivela un colpo durissimo per molte società.

Premier League vs Serie A: il confronto finale

La differenza tra i due sistemi si riscontra anche sul campo: in Premier League le squadre di media classifica hanno i mezzi per costruire rose forti e attrarre giocatori importanti. La Serie A è meno competitiva anche perché il divario economico tra le big – come il Napoli – e il resto dei club è più netto: ciò si ripercuote sulla qualità complessiva del campionato. È questo il motivo per cui gli investitori e i campioni preferiscono il calcio inglese a quello nostrano.

Prendere esempio dal “modello Premier”, fondato su scelte strategiche lungimiranti che risalgono già agli anni Novanta, potrebbe essere una soluzione: occorrerebbe superare le resistenze dei grandi club italiani, con la Federcalcio chiamata all’arduo compito di trovare un accordo unitario tra le società. Oltre ad una governance più unita, sarebbe inoltre fondamentale investire sempre più negli stadi di proprietà: tra maggiori ricavi diretti per i club e più possibilità di sviluppo economico, si incoraggerebbero al tempo stesso gli imprenditori stranieri ad avvicinarsi di più al “brand Serie A”.

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