lunedì 29 Aprile 2024
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SCUOLA – Docenti in Europa, fantasmi in Italia: un’insistente vergogna di Stato

Ben 13.000 insegnanti bloccati da una negligenza ministeriale che li penalizza da quasi 10 anni. Il coordinamento nazionale dei docenti abilitati e specializzati in Europa, Ase, ha intenzione di dare battaglia legale e mediatica contro la palese incostituzionalità dei provvedimenti del MIM.

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di Lucia COLAFRANCESCHI

La situazione lavorativa di oltre 13mila docenti italiani che hanno completato il loro percorso formativo nei Paesi della Comunità Europea è ancora nel pieno vortice di una situazione incresciosa, ai limiti della legalità.

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Per chi non fosse al corrente del calvario giuridico che tali docenti hanno dovuto affrontare negli anni, ripercorreremo brevemente le tappe più significative che lo hanno caratterizzato. Conformemente alla normativa dell’Unione Europea, Direttiva 2005/36/CE, recepita in Italia con D.Lgs n. 206 del 2007, un nutrito gruppo di docenti laureati ha deciso di completare il percorso formativo di docenza nei Paesi dell’Unione Europea, per il semplice fatto che sino a pochissimi anni fa, tale percorso in Italia non era fattibile. Per oltre 10 anni nel nostro Stato i percorsi abilitanti e specializzanti inerenti alla formazione del docente sono rimasti bloccati, ragion per cui, se si voleva intraprendere la strada dell’insegnamento bisognava studiare in una Università europea, seguendo la stessa tipologia di percorso dettata dalle linee guida ministeriali, tra ore in presenza, esami sostenuti e tirocinio formativo presso le scuole.

E così, nel corso degli anni, migliaia di docenti hanno potuto completare un percorso nel pieno rispetto della normativa comunitaria.

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Il passaggio successivo al completamento degli studi è il “famigerato” riconoscimento che, dopo l’avallo del Consolato italiano, necessita di un decreto ministeriale. Ed è qui, esattamente nei meandri del palazzo che ospita l’ex MIUR, oggi MIM, Ministero dell’Istruzione e del Merito, che ogni richiesta recapitata trova la sua fine. Presentare un’istanza di riconoscimento è di una facilità estrema, ma con identica disinvoltura il Ministero italiano non sta ottemperando ai suoi obblighi lavorativi o, meglio ancora, ai reiterati inviti che la giustizia amministrativa e il Consiglio di Stato porgono, costantemente ignorati o disattesi.

Il percorso lavorativo dei docenti comunitari, in realtà, fino allo scorso mese di maggio 2022, seppur marchiato da una “R”, che sta per Riserva, non era ostacolato in modo particolare e i docenti, ogni anno, in attesa del famoso decreto ministeriale di riconoscimento, e quindi di scioglimento della scomoda riserva, sono riusciti a stipulare un contratto a tempo determinato in una scuola pubblica. L’ordinanza ministeriale O.M.112 di maggio 2022 ha dato il colpo di grazia: secondo l’ex Ministro Bianchi, i docenti che avevano conseguito un titolo formativo nei Paesi dell’Unione Europea, in attesa di riconoscimento, non potevano più insegnare nella scuola pubblica italiana. Un provvedimento che, da un lato ha consentito a docenti diplomati, quindi non laureati, ma con specializzazione italiana, di poter acquisire il diritto di superare docenti laureati abilitati e specializzati, ma ahiloro in Europa, e dall’altro ha obbligato ad un anno intero di disoccupazione migliaia di persone. Lo scandalo, per fortuna, è durato un solo anno, poiché moltissimi Giudici del Lavoro, ai quali si sono rivolti docenti disperati di tutta Italia, hanno dichiarato palesemente illegittima l’ordinanza ministeriale.

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Il 2023 si è in aperto inizialmente con ottime notizie: il Consiglio di Stato, in sede di Adunanza Plenaria, ha stabilito con sentenza n.22 del 29 Dicembre 2022, che il Ministero non può negare il riconoscimento agli insegnanti abilitati e/o specializzati in Europa e che, pur spettando al MIM verificare che le conoscenze acquisite siano corrispondenti all’attestato rilasciato, debba unicamente valutarne e attestarne la loro conformità. Ragion per cui il Ministero, già artefice di una negligenza decennale, non deve fare altro che mettersi al lavoro e decretare questo benedetto riconoscimento. Ancor prima della Plenaria, il Consiglio di Stato aveva già emanato sentenze di merito con condanna definitiva del Ministero. E ad oggi il danno erariale stimato per la mancata contrattualizzazione dei docenti, così come l’impossibilità di partecipare all’immissione in ruolo, secondo un atto del tutto discriminatorio, si aggira attorno ai 40 milioni di euro!

Il mondo politico, per lo più di centrodestra, con Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega Nord, hanno sposato tale avvenimento come una vittoria personale. Gli Onorevoli Scurria, Minasi, Bucalo, Sasso, Marti, l’europarlamentare Vuolo, il sottosegretario Frassinetti, insomma, e molti altri hanno addirittura condannato la passata gestione ministeriale augurandosi un’immediata presa d’atto al riguardo.

Così però non è stato, o meglio, forse il buon Ministro Valditara aveva anche la volontà di modificare quell’ignobile ordinanza ministeriale che ha bloccato migliaia di docenti, ma, ahinoi, grazie all’improvviso interessamento dei sindacati italiani, tutti, indistintamente (peraltro, gli stessi sindacati che anni fa hanno promosso e sponsorizzato lo studio dei docenti in Europa), la sospirata modifica si è infranta come un’onda su uno scoglio. Tale risacca ha non solo gettato sconforto tra il popolo dei docenti, ma ha palesante violato ancora una volta la giustizia amministrativa.
E’ come se si facesse una legge e la stessa venisse costantemente disapplicata da chi in primis dovrebbe tutelarla e darle pratica attuazione. Fu così che il neo Ministro Valditara, con la complicità delle maggiori sigle sindacali, a cui va spontaneo il plauso dei 13mila docenti comunitari, e delle più blasonate università italiane, che faranno ora incetta di corsi formativi “italiani”, ha inventato lo sdoppiamento delle fasce, L.74/23 di conversione del D.L.44/23. Per farla breve, oggi, i docenti abilitati e specializzati in Europa, sino allo scorso anno inseriti in prima fascia, seppur con il marchio “R”, da settembre 2023 saranno declassati in coda. Un provvedimento incostituzionale, come peraltro evidenziato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.41 del 2011, che lo stesso Ministero, già oggetto di migliaia di battaglie legali, denunce, e richieste di risarcimento danno,  ha aggirato inventando le categorie o sezioni di didattica memoria, A, B, C, e D. Dal docente italiano “puro”, collocato nella classe A, allo sfigato comunitario “in attesa di giudizio”, declassato alla sezione D. Ciò significa, in parole semplici, che il docente italiano con soli 36 punti, in A, o in B, potrà prendere il posto, e quindi la cattedra, prima del collega comunitario, che magari ha più di 200 punti. E la meritocrazia? E la giustizia? Dove sono? Un provvedimento che, se non fosse per il periodo storico in cui viviamo, tanto fa pensare all’età più buia della storia italiana. Chi può insegnare, perché “italiano” e chi no, perché “cittadino europeo”.

Tale provvedimento è stato già impugnato davanti a moltissimi tribunali italiani. I docenti precari, stavolta però, non si fermano qui. La scorsa settimana è cominciato un volantinaggio davanti ai palazzi romani del potere; oggi parte la campagna mediatica denigratoria nei confronti di chi infanga legge, diritti e giustizia e a breve culminerà nel cuore dell’Europa. E’ già pronta, dopo una petizione presentata alla Commissione Europea mesi fa, una denuncia penale contro l’Italia per i soprusi perpetrati nei confronti dei docenti comunitari e per la violazione costante e reiterata della normativa europea.

A tutto c’è un limite! La pazienza è già stata esaurita da un pezzo. Ora si attende che la giustizia faccia il suo percorso. E se non dovesse essere sufficiente quella italiana, ci penserà quella europea! E l’Italia, con una procedura di infrazione, rischierà di essere sanzionata, ancora una volta, l’ennesima forse, per aver violato uno dei maggiori obblighi derivanti dal diritto comunitario.

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