mercoledì 15 Maggio 2024
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Asl, ecco la nuova frontiera per il trattamento delle emorragie interne non comprimibili

L’obiettivo di quest'innovativa procedura è quello di consentire un rapido arresto del sanguinamento

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Lo scorso 22 di aprile è stato eseguito a Belcolle il primo trattamento con tecnica REBOA (resuscitative endovascular balloon occlusion of the aorta) su un paziente di 42 anni con shock emorragico.
 
La procedura, innovativa su tutto il territorio regionale, rappresenta una nuova frontiera per il trattamento delle emorragie interne non comprimibili attraverso il posizionamento di un catetere a palloncino nell’aorta, eseguendo un clampaggio interno in grado di controllare il sanguinamento al di sotto di esso.
 
“Il paziente – spiega il direttore dell’unità operativa di Chirurgia generale dell’ospedale viterbese, Roberto Santoro -, è stato portato al nostro Pronto soccorso nella giornata di venerdì 22 aprile, in seguito all’improvvisa comparsa di una sintomatologia caratterizzata da dolori addominali di notevole intensità associati a pallore cutaneo, sudorazione, tachicardia e ipotensione.
 
Per tale motivo è stato sottoposto immediatamente agli accertamenti clinici-strumentali, tra cui una Angio-TC, con riscontro di un voluminoso ematoma retro-peritoneale causato dalla rottura di aneurisma splenico non noto.
 
In seguito alla comparsa di uno stato di instabilità emodinamica, il paziente è stato portato rapidamente in sala operatoria da un’équipe composta da un rianimatore, un anestesista, due chirurghi generali, due chirurghi vascolari e due radiologi interventisti.
 
Contemporaneamente alla laparotomia abbreviata, è stato eseguito dai radiologi interventisti un accesso arterioso femorale utile al posizionamento di un pallone aortico che, gonfiato a monte della fonte di sanguinamento (in sede sovraceliaca), ha determinato un ripristino di una pressione sistolica adeguata alla corretta perfusione di cuore e cervello. Durante l’intervento sono stati eseguiti cicli di sgonfiaggio e gonfiaggio del pallone al fine di garantire una perfusione addominale sufficiente a limitare le eventuali complicanze ischemiche intestinali.
 
In condizioni di controllo vascolare assoluto, si è quindi proceduto all’intervento chirurgico di splenectomia previa legatura dell’arteria splenica all’origine, svuotamento della sacca aneurismatica, rimuovendo un voluminoso ematoma”.
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Redazione
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